mano tesa verso il cielo, un testamento come un dono

“Testamento solidale: un dono che rafforza il legame sociale?” – Intervista a Paolo Apolito

In questa intervista, realizzata in occasione del nostro ultimo evento “Lascito Solidale – Un ponte tra passato e futuro“, Paolo Apolito, antropologo e docente universitario, esplora il concetto del testamento solidale come forma di dono. Tra percezioni errate e tabù culturali, scopriamo perché questa forma di lascito ha il potenziale di trasformare la società, pur rimanendo in gran parte sconosciuta.

 

Testamento solidale: un dono che sfida le dinamiche di reciprocità

“Il testamento solidale è un dono? Dal “Saggio sul dono” che Marcel Mauss pubblicò negli anni Venti del Novecento, gli antropologi hanno a lungo discusso e ridiscusso sul tema del dono. Tenendo sempre presente che il dono è un produttore di relazioni sociali, poiché richiama contraccambio e implica reciprocità. In altre parole, il dono è inserito in una dinamica fruttuosa di scambio sociale. C’è la sua forma simmetrica e quella asimmetrica, esso può prevedere equilibrio, ma anche disequilibrio come forma simbolica di conflitto. In generale il dono non è mai del tutto un dono, conserva sempre la sua “coda” di ritorno a casa, ritorno al donatore. Persino il dono totalmente gratuito, quello in cui il donatore non si aspetta niente in cambio, ha un suo ritorno-a-casa, poiché, come sottolinea il filosofo francese Derrida, l’autogratificazione del donatore è di per sé annullamento della gratuità totale.

Però, per quanto ci si addentri nei meandri del dibattito sul dono, non c’è dubbio che alla domanda di apertura la risposta è positiva. Il testamento solidale è un “dono” che alimenta e rafforza il legame sociale. Eppure, a quanto pare, non è ancora familiare nella percezione degli italiani, anzi in una buona percentuale subisce una specie di ostilità preventiva”.

 

Quali sono le motivazioni?

“Sembrerebbe dai dati che il motivo prevalente sia l’idea che esso toglierebbe qualcosa ai propri eredi diretti. Ma bisogna osservare che prima ancora che per il testamento solidale, è per il proprio testamento in generale che in Italia sembrano affiorare consistenti perplessità, dubbi, persino ostilità. E allora la preclusione verso il testamento solidale perché sottrarrebbe risorse ai propri familiari, potrebbe essere una copertura di una sorta di tabù del pensiero della propria morte. Cioè che non fare testamento sarebbe una forma elementare di esorcizzazione della morte. È un sospetto credibile, senza dubbio.

Però io vorrei anche far presente che sono solo dieci anni circa che è nato il Comitato Testamento solidale e che in dieci anni ha fatto passi da gigante nella percezione degli italiani. Gli altri tipi di donazioni hanno ben altra anzianità e soprattutto – quelle mediche per esempio che nel campione prendono poco meno del 50% di tutte le donazioni – hanno ben altra campagna di informazione e pubblicità anche capillare. Il testamento solidale è poco agito dagli italiani anche perché è poco noto, ma ogni anno si aggiunge tassello a tassello grazie alla penetrazione della comunicazione, che ha bisogno di tempo per intervenire nei vissuti valoriali degli italiani”.