Ponte al tramonto - parlare di lascito testamentario

Parlare di morte con i giovani: il valore educativo del lascito testamentario

Intervista a Jean-Luc Giorda per la Giornata Internazionale del Lascito Solidale 2025

In occasione della Giornata Internazionale del Lascito Solidale 2025, abbiamo chiesto a Jean-Luc Giorda – psicologo, psicoterapeuta e divulgatore scientifico – di aiutarci a riflettere su una domanda tanto scomoda quanto urgente: è giusto parlare di morte con i più giovani? E cosa c’entra il lascito testamentario con tutto questo?

 

Non è questione di se, ma di come”

«La morte è parte della vita. I ragazzi la incontrano ogni giorno: nei notiziari, nei videogiochi, nei cartoni animati. Perfino nelle fiabe – pensiamo a Bambi o a Il Re Leone – la perdita di un genitore è un tema centrale», spiega Giorda. «Il punto non è se parlarne, ma come. Serve un linguaggio adeguato all’età, che rassicuri senza negare».

Ma cosa succede quando si parla della propria morte? Qui entra in gioco una dimensione più intima. «C’è chi sceglie di non affrontare il tema per motivi culturali o difese psicologiche. Anche il silenzio ha un senso. Tuttavia, evitarlo del tutto può privare i giovani di una preziosa occasione di preparazione affettiva».

E in questo contesto, un gesto come il lascito testamentario può assumere un significato educativo profondo.

 

Il lascito testamentario come messaggio intergenerazionale

Quando una persona sceglie di lasciare parte dei propri beni a una causa in cui crede, sta lasciando molto più di un’eredità materiale. «Il lascito testamentario è un messaggio potente», spiega Giorda. «È un modo per dire: “Ecco i valori in cui ho creduto. Li affido a chi verrà dopo di me”».

Non si tratta solo di un atto legale o economico. Un lascito solidale può diventare un ponte tra generazioni, un modo per proiettare la propria visione del mondo nel futuro.

 

Parlare di morte, educare alla vita

In Italia, la morte resta spesso un tabù. I genitori tendono a evitare l’argomento con i figli, creando una sorta di “bolla protettiva” che però rischia di esplodere di fronte a una perdita improvvisa.

«Ricordo una foto che mi ha colpito molto», racconta Giorda. «Era il funerale del cane Hachiko. In primo piano c’era un bambino, accanto al corpo dell’animale, circondato dalla comunità. In molte culture asiatiche, anche i più piccoli partecipano al lutto. È un’esperienza collettiva».

Le religioni, aggiunge, aiutano a dare senso alla fine: parlano di trasformazione, rinascita, continuità. «Accettare la fine dell’Io – della propria individualità – è il primo passo per investire in qualcosa di più grande, che include gli altri, le generazioni future. Un lascito testamentario solidale è un gesto che va esattamente in questa direzione».

 

Il potere del lascito testamentario per il futuro dei giovani

La letteratura scientifica è chiara: parlare di morte – in modo aperto, protetto e rispettoso – non genera angoscia. Al contrario, aiuta a ridurla. Lo stesso vale per le esperienze di gruppo, come i laboratori scolastici o i percorsi educativi: offrono strumenti per affrontare la finitezza in modo sano e condiviso.

«Se la morte resta un tabù, lasciamo i giovani soli di fronte al dolore. E il rischio è che la solitudine si trasformi in disperazione», avverte Giorda. «Educare alla fine non significa smettere di sperare. Significa, piuttosto, dare valore al tempo che abbiamo. E a ciò che lasciamo agli altri».