Testamento solidale: siamo tutti filantropi

Sting, Bill Gates, Robin Williams, come già prima Camillo Benso conte di Cavour, che lasciò alla città di Torino un fondo per costruire un asilo pubblico o Enrico De Nicola, il primo Presidente della Repubblica italiana, che con la sua eredità permise al Monte di Pietà di Napoli di cancellare i debiti dei più poveri, quelli che nella crisi nera del dopoguerra avevano impegnato persino indumenti e biancheria.

Oppure i 25 milioni di euro a ospedali e associazioni, i sei milioni per dare una casa ai ciechi, il milione in eredità al canile. A conquistare la notorietà e i titoli dei giornali sono sempre i vip e gli importi milionari, ma nel nostro Paese, ogni giorno, tante persone comuni scelgono già ora di fare qualcosa di straordinario. Scelgono di uscire di scena spalancando una porta sul futuro. Scelgono di lasciare una traccia di sé e insieme di cambiare un pezzetto di mondo.

Fanno un testamento solidale.

Tra corna e gesti scaramantici, fino a pochi anni fa l’argomento era un tabù mentre oggi più di un italiano su cinque, fra gli over50, dice di aver già fatto un testamento solidale o di essere intenzionato a farlo: si tratta di oltre 5 milioni e mezzo di persone. Il cambiamento culturale che si sta facendo strada anche in Italia ha molto a che fare con la libertà: la libertà di destinare una parte dei propri beni per le cause in cui abbiamo creduto, di poter contribuire al bene comune, di essere utili agli altri anche quando non ci saremo più. Scrivere le ultime volontà non riguarda più solo chi non ha eredi o chi ha grandi patrimoni, perché anche il lascito più piccolo, senza nulla togliere ai figli e agli eredi, unito agli altri ha il potere di fare la differenza.

Cento miliardi per fare la differenza – Le scelte personali, infatti, si inseriscono in uno scenario su cui si riflettono i cambiamenti demografici, sociali e culturali in atto nel Paese. Il primo dato da tenere a mente è che noi italiani siamo tradizionalmente un popolo di risparmiatori: a fine 2020, secondo Banca d’Italia, la ricchezza degli italiani ammontava a circa 10.010 miliardi di euro. Entro il 2030 un quinto di tale ricchezza è destinato ad essere trasferito causa mortis: le eredità resteranno per la gran parte in famiglia, ma poiché ormai da tempo i nonni sono sempre di più e i figli e i nipoti sempre di meno, una parte di questi patrimoni non avrà eredi.

Per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno basti dire che nel 2030 si conteranno in Italia oltre 400mila famiglie senza eredi, contro le 62mila del 2020. Perché non immaginare che una quota di queste persone possa dare una destinazione solidale ai propri beni? E perché non immaginare che anche le famiglie con eredi vogliano partecipare alla costruzione di un futuro più equo, più sostenibile, più giusto?

I segnali ci sono tutti tant’è che lo scenario tratteggiato dagli esperti di Fondazione Cariplo nel Quaderno n.23 ipotizza che le famiglie con eredi possano lasciare a istituzioni di Terzo settore il 5% della quota disponibile del proprio patrimonio, mentre quelle senza eredi arriverebbero al 50%. Il valore economico dei patrimoni che tramite lasciti solidali potrebbe entrare nelle disponibilità del Terzo settore, per realizzare finalità di interesse comune, supererebbe comodamente i 100 miliardi di euro nei 15 anni compresi fra il 2014 e 2030.