Filantropia moderna: i modelli americano e anglosassone a confronto

L’odierna filantropia si impernia sul concetto, di impronta statunitense, del “give back” alla collettività una parte (almeno) di quanto si ha avuto la fortuna (e il merito) di accumulare in vita. Questo concetto è stato espresso in forma chiarissima dal magnate dell’acciaio Andrew Carnegie (1835-1919), emigrato negli Stati Uniti dalla nativa Scozia. L’uomo che ha fatto costruire università, musei, biblioteche, teatri e molto altro ancora (un esempio per tutti, la Carnegie Hall di New York, una delle più importanti sale da concerto del mondo), teorizzò: “Un terzo dell’esistenza per studiare quanto più si può, un terzo per far soldi quanto più si può, un terzo per spenderli tutti per cause che ne valgano la pena”.

Fedele a queste parole, Carnegie accumulò una ricchezza comparabile alle maggiori fortune della new economy di oggi. Dopodiché ne donò, nei suoi ultimi 18 anni di vita, il 90%: 350 milioni di dollari di inizio Novecento, pari a 80 miliardi di dollari di oggi. Carnegie, dunque, considerava la “distribuzione” dei profitti, finalizzata al bene della collettività, un compito di esclusiva competenza dell’imprenditore privato, secondo una visione che, nelle sue varianti, è arrivata fino ad oggi.

Il ruolo degli eredi nella filantropia anglosassone
Da notare come questo modello di filantropia si rifletta pure nel cerchio interno delle grandi famiglie: nel mondo anglosassone è diventato ormai usuale ridurre in modo notevole il classico passaggio di eredità affinché i giovani eredi possano dimostrare – a sé stessi e agli altri – il proprio valore: “Voglio dare ai miei figli giusto quel che basta perché abbiano la sensazione di poter fare qualsiasi cosa ma non tanto da farli sentire come se non potessero fare niente”, ha dichiarato Buffett. Di identico tenore le dichiarazioni dei coniugi Gates: “I nostri figli riceveranno un’ottima istruzione e abbastanza soldi da non avere difficoltà economiche. Il resto del nostro denaro è destinato ad aiutare le persone più povere”.

Improntate allo stesso spirito sono le intenzioni espresse da altri big dell’economia e finanza e/o celebrities del mondo anglosassone: dall’amministratore delegato della Apple Tim Cook, che ha manifestato l’intenzione di lasciare tutti i propri averi in beneficenza dopo aver provveduto alle spese per l’educazione del nipote, al regista George Lucas, che ha detto di voler impegnare gran parte delle proprie risorse per supportare le future generazioni di studenti; dal magnate dei media Ted Turner, che ha coinvolto i figli nella propria fondazione benefica (“Quando morirò, gran parte della mia ricchezza se ne sarà andata in beneficenza”, ha dichiarato), all’attore Ashton Kutcher che recentemente ha annunciato, insieme alla moglie Mila Kunis, di voler lasciare i propri averi a sostegno delle grande cause sociali; la stessa scelta compiuta, al di qua dell’Atlantico, dal cantante Sting che destinerà il proprio patrimonio (e i fondi fiduciari che ne fanno parte) a sostegno di numerose cause umanitarie e ambientaliste.

Dalla stessa logica di lasciare i propri averi al bene della collettività possono derivare anche conseguenze curiose. Tra i casi di testamenti bizzarri ma comunque improntati all’interesse per il bene comune se ne possono citare alcuni resi noti qualche anno fa dal quotidiano britannico The Guardian, come quello dell’anonimo che, nel 1928, ha lasciato su un conto mezzo milione di sterline con l’indicazione che potranno essere prelevate dal Governo inglese quando saranno sufficienti a cancellare l’intero debito pubblico britannico; o quello del finanziere milionario Keith Owen che, nel 2007, ha donato oltre 2 miliardi di sterline al luogo di vacanza preferito, Sidmouth nel Devon, affinché nel suo territorio fossero piantati un milione di fiori che rendessero la zona ancora più bella. Infine, a inizio dello scorso agosto, ha fatto notizia anche sulla stampa italiana la notizia del lascito testa- mentario di 150 milioni di sterline dell’editore Felix Dennis, scomparso nel 2014, che saranno utilizzati per piantare 10 milioni di alberi e creare così un bosco di 100 chilometri quadrati non lontano da Londra.

La filantropia oggi: modelli, obiettivi, risultati

Le caratteristiche del testamento solidale e la sua crescente diffusione fanno del lascito solidale una delle forme più alte dell’odierna filantropia.

La filantropia nasce dalla passione, dalla sensibilità, in una parola dall’“amore per l’essere umano” (traduzione letterale dal gre- co antico), dalla volontà di “prendersi cura dell’altro”, in qualsiasi luogo e tempo si trovi, da cui consegue l’impulso individuale a donare e donarsi.
La filantropia oggi praticata in tutto il mondo è spinta da una serie di motivazioni:

  1. la crescita globale della ricchezza e, specie nei Paesi emergenti, dei “self made men” che hanno una spiccata propen- sione a donare, dare, nella logica di “restituire” alla società, in particolare alle categorie più bisognose/meritevoli (poveri, donne, bambini, giovani di talento), una parte importante di quanto da questa hanno ricevuto;
  2. l’aumento della conoscenza, grazie alla comunicazione, dei grandi problemi che l’umanità deve affrontare ogni giorno;
  3. la conseguente crescita della spinta a “fare qualcosa”, a “prendersi carico” della soluzione di una parte almeno di questi problemi.

Tutti noi possiamo fare la nostra parte, anche con poco.
Fare un lascito solidale significa:

  • garantire cibo, salute e istruzione a milioni di bambini;
  • aiutare le persone con disabilità ad integrarsi al meglio nei territori in cui vivono;
  • fornire servizi socio-sanitari adeguati;
  • preservare l’ambiente e promuovere la pace;
  • sostenere la ricerca scientifica contro malattie genetiche rare o patologie come la leucemia e la sclerosi multipla.

Lasciti solidali: 3 luoghi comuni da sfatare

Il lascito solidale è un gesto d’amore e altruismo che ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare.

Ecco 3 luoghi comuni sui lasciti solidali:

#1 “Il testamento solidale è roba da ricchi” – Non è così. Il lascito solidale è una forma di filantropia veramente alla portata di tutti. l testamento solidale è un lascito a favore di Enti, Associazioni e Organizzazioni non profit, una scelta che permette di contribuire a cambiare il mondo, anche dopo la vita. È un gesto semplice e non vincolante, che può essere ripensato e modificato in qualsiasi momento. Per farlo, non occorrono ingenti patrimoni: per sostenere il lavoro quotidiano di Associazioni impegnate nelle più importanti cause umanitarie e scientifiche, anche un piccolo lascito – una piccola somma di denaro, un bene mobile o immobile, una polizza – può fare la differenza.

#2 “Sono gli uomini che pensano al testamento” – La realtà è proprio l’opposto: il lascito solidale è “rosa”, come conferma anche una ricerca condotta lo scorso aprile dal Comitato Testamento Solidale tra le Organizzazioni aderenti per raccontare il fenomeno del lascito solidale dal punto di vista di chi opera per realizzare progetti in ambito umanitario, socio-sanitario e ambientale. Oltre a confermare la crescita di questo strumento di solidarietà concreta, l’indagine mostra che il lascito proviene in maggioranza da donatrici (61%), mentre per oltre il 30% il testamento solidale viene scelto in egual misura da uomini e donne.

#3 “Fare un lascito solidale penalizza i familiari” – Sbagliato: parliamo di un lascito in favore di una causa benefica inserito in un testamento che, secondo la normativa italiana, tiene sempre conto dei legittimi interessi degli eredi.

Il testamento solidale è una scelta che permette di contribuire a cambiare il mondo, anche dopo la vita. Un gesto semplice e non vincolante, che può essere ripensato, modificato in qualsiasi momento e senza che vengano in alcun modo lesi i diritti legittimi dei propri cari e familiari.

La buona notizia: trentenni più altruisti e più ottimisti per il proprio futuro

Sono sempre più gli over 35 che si avvicinano al mondo delle donazioni. Negli ultimi 2 anni, il 46% del campione dichiara di aver fatto almeno una donazione, ma si nota un picco di crescita tra i 25 e i 39 anni, che rispetto al 2020 registra un aumento di ben 9 punti sopra la media.

È quanto emerge dall’edizione 2021 della survey “Gli italiani e la solidarietà ai tempi del coronavirus”, promossa dal Comitato Testamento Solidale e condotta da Walden Lab dal 17 al 21 giugno 2021, su un campione di 1015 persone di età compresa tra i 25 e i 75 anni (campione statisticamente rappresentativo di circa 40 milioni di italiani). La ricerca rappresenta un follow up di quella condotta lo scorso anno, nello stesso periodo.

Stringendo ulteriormente il focus sulla fascia tra i 25 e i 34 anni, il 59% ha fatto almeno una donazione nella vita; il 42% lo ha fatto negli ultimi 2 anni e il 32% in particolare per l’emergenza Covid-19. In particolare nel 2021 ha donato il 25% degli under 35, ma i più giovani “donano” anche tempo e competenze: il 52% fa volontariato (vs 43% degli over 35). Inaspettatamente, il 60% degli under 35 conosce il lascito solidale: un dato inferiore rispetto al 76% degli over 35, ma certamente superiore alle aspettative.

L’altruismo contagia i più giovani, dunque, nonostante rispetto alla visione della società la loro prospettiva sia in linea con l’opinione media, non proprio rosea. Tuttavia il 34% del campione under 35 è fiducioso e positivo rispetto alla prospettiva personale (vs il 25% degli over 35). In generale i giovani sono più positivi rispetto a tutti gli aspetti indagati: impegno nel proprio lavoro (44% dei giovani vs 34% di over 35); fiducia negli altri (25% dei giovani vs 14% over 35); aspettativa di benessere economico (21% dei giovani vs 11% over 35). Tra i valori, oltre a salute e famiglia, acquistano rilevanza maggiore i risparmi 61% (vs 42%); le amicizie 45% (vs 37%); il lavoro 44% (vs 32%).

Prevedere un lascito solidale nelle proprie disposizioni testamentarie è la massima espressione del donare e del donarsi agli altri al di là del tempo – sostiene il notaio Gianluca Abbate, Consigliere Nazionale del Notariato con delega al Terzo Settore e socialee permette non solo di disporre dei propri averi, ma di affidare anche i valori in cui si crede a solide organizzazioni “non profit” che operano, ogni giorno, con competenza, professionalità, trasparenza e possibilità di ‘fare rete’ con gli attori locali, nazionali e internazionali impegnati negli stessi ambiti, allo scopo di realizzare progetti concreti, efficaci, socialmente rilevanti, sostenibili e misurabili nei risultati. Mentre la pandemia e la sua onda lunga stanno accentuando il bisogno di certezza per guardare al futuro con fiducia, gli italiani riconoscono l’importanza del lascito solidale e, in questo contesto, il notaio rappresenta un punto di riferimento, umano e professionale, per dare corretta attuazione alle disposizioni testamentarie, anche ispirate da solidarietà sociale. Per tale motivo il Consiglio nazionale del Notariato continua a rinnovare, anno dopo anno, il proprio impegno al fianco di Testamento Solidale al fine di promuovere la conoscenza dei lasciti”.

Pandemia e generosità: la filantropia è donna

La pandemia di coronavirus ha innescato un circolo virtuoso di donazioni, da parte di magnati come di piccole e medie imprese. Il più importante gesto in epoca Covid di filantropia è stato fatto  da una donna statunitense: MacKenzie Scott. L’ex moglie del fondatore di Amazon Jeff Bezos ha elargito una cifra record: 4,4 miliardi di dollari (circa 3,7 miliardi di euro), vale a dire il 19,6% delle donazioni globali rilevate dall’organizzazione Candid, specializzata nella segnalazione di società non profit statunitensi.

Le donne si sono sempre distinte quanto a generosità, basti pensare ai nomi che emergono dalla prima fase della filantropia negli Stati Uniti, che ha avuto inizio alla fine del XIX secolo: Margaret Olivia Sage, impegnata nell’istruzione femminile; Clara Barton, fondatrice della Croce Rossa Americana; Gertrude Vanderbilt Whitney, fondatrice del Whitney Museum of American Art di New York City.

Negli Stati Uniti, l’impegno delle donne nelle cause sociali aumenta a dismisura fino alla creazione nel 2007 del movimento Women Moving Millions. Cominciata negli Anni 80, l’idea del giving back (fondata sul desiderio di restituire parte del successo e della ricchezza guadagnati durante la vita) è stata sostituita dall’impegno a donare già nel corso della vita. Il pieno compimento di questo approccio è arrivato nel 2010 con The Giving Pledge, campagna lanciata da Warren Buffett e Bill e Melinda Gates per incoraggiare i super ricchi a destinare la maggior parte del loro patrimonio a cause filantropiche. Ad oggi partecipano 220 persone da 25 Paesi diversi, tra cui il cofondatore di Facebook Mark Zuckerberg e la moglie Priscilla Chan, il principe saudita al-Waleed bin Talal, l’imprenditore sudafricano Elon Musk e Scott stessa.

Fonte: corriere.it