Fare la differenza – 10 anni del comitato Testamento Solidale

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2013-2023: come sono cambiati l’Italia e gli italiani negli ultimi dieci anni?

In occasione della Giornata Internazionale del Lascito Solidale, il Comitato Testamento Solidale, che nel 2023 compie dieci anni, fa il punto sulla percezione dei grandi cambiamenti dell’ultimo decennio nella sensibilità degli Italiani e sull’evoluzione della solidarietà a partire dai risultati della nuova ricerca Walden Lab-Eumetra.

Intervengono:

Rosano Bartoli, portavoce del Comitato e presidente della Lega del Filo d’Oro.
Paolo Anselmi, fondatore e presidente di Walden Lab e docente di Marketing Sociale presso l’Università Cattolica di Milano.
Flavia Fiocchi, consigliere nazionale del Notariato con delega al Notariato per il Sociale.
Ines Testoni, psicoterapeuta, direttrice del Master in “Death studies & the end of life” dell’Università di Padova.

Modera:

Francesca Romana Elisei, giornalista Rai.

 

evento "Fare la differenza", i 10 anni del comitato Testamento Solidale

12 settembre 2023 ore 10.30

Palazzo Merulana – Via Merulana 121, Roma (maps)

Prenota
scrivendo a testamentosolidale@inc-comunicazione.it
o chiamando il numero 335 544 5420

 

Il lascito solidale e il suo significato più profondo

Il lascito solidale ha un significato che va ben oltre il semplice atto di carità verso il prossimo. Può essere strumento straordinario di tessitura del legame sociale. Ce lo testimonia chi ci ha messo la firma, ma lo confermano anche le proiezioni di crescita del numero di persone che si dicono intenzionate a farlo nel prossimo futuro. La strada è quella giusta. Non ci si salva da soli.

 

Cosa vuol dire fare lascito testamentario per una onlus

Il testamento solidale ha un significato che ha a che fare con la solidarietà, ma anche con la fraternità. Perché non si tratta solo di contribuire al benessere di chi è meno fortunato o di chi si trova in una situazione di fragilità e bisogno. Nel gesto di redigere un testamento solidale, oltre a un sentimento di giustizia sociale, si concretizza il desiderio di ognuno di noi di esprimere erga omnes il nostro piano di vita, la nostra singolarità, il nostro carisma, la nostra capacità di contribuire al bene comune non solo nel corso della vita, ma anche oltre.

In questo senso l’atto del lascito solidale diventa pop e acquista una universalità che merita di essere divulgata e diffusa. Raccontata ed emulata. «L’atto del donare genera sicurezza. Quella sicurezza sociale, sollecitudine mutualistica e cooperativa che il diritto inglese fregia del nome di friendly society e che vale molto di più della sicurezza personale», scrive l’antropologo francese Marcel Mauss nel suo Saggio sul dono. E aggiunge: «Occorre tornare a qualcosa di arcaico, ritrovare la gioia di dare in pubblico, il piacere del mecenatismo e dell’ospitalità».

 

Un lascito solidale per andare oltre

Il lascito solidale non solo travalica la logica individualistica del testamento, ma anche quella classista. Quando diciamo che “siamo tutti filantropi”, ribadiamo che questo è uno strumento alla portata di ognuno, a prescindere dal conto in banca o dallo stato patrimoniale. Perché di tutti può essere il desiderio di lasciare qualcosa di sé, oltre che alla famiglia e alla discendenza, anche alla comunità proprio per partecipare alla costruzione della friendly society a cui ci esorta Mauss.

Ben inteso: dare alla comunità, non significa togliere alla sfera parentale più ristretta. Tutt’altro. Significa aiutare a creare un contesto migliore dove possano vivere i nostri figli e nipoti e via dicendo. Lo spiegano bene le preziose e commoventi testimonianze di tante persone che hanno accettato di raccontare la propria esperienza e le proprie motivazioni. Fare un lascito solidale vuol dire dare un valore ulteriore e immateriale ai propri beni.

Lasciti testamentari: un gesto per una grande innovazione

«La medicina del futuro è basata sulla personalizzazione e la diagnosi precoce. Questo si traduce in un significativo aumento delle guarigioni nei pazienti con linfoma, come si è osservato nell’ultimo decennio», questo è ciò che ha spiegato il professor Carmelo Carlo-Stella, capo Sezione Linfomi dell’Istituto Clinico Humanitas a Claudio Ceper, presidente della Fondazione Carlo Ceper per la lotta contro il linfosarcoma.

«La creazione della Fondazione dedicata a Carlo è coincisa con il lascito testamentario a Humanitas che abbiamo fatto 10 anni fa, quando nostra madre Elena, incontrando il professor Alberto Mantovani, presidente di Fondazione Humanitas per la Ricerca e direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas, gli ha affidato la donazione di 150mila euro affinché il loro Centro di ricerca lavorasse per rendere diagnosticabili e curabili tumori come il linfosarcoma che ha portato via mio fratello».

Un decennio dopo è tempo di bilanci e di una visita in loco: «Il professor Carlo-Stella ci ha illustrato come le donazioni della nostra Fondazione si siano trasformate in progetti che possono salvare vite. Ad esempio, sul linfoma di Hodgkin classico, che colpisce per la maggior parte persone di giovane età, l’approccio terapeutico consente la guarigione nell’80-90% dei casi, utilizzando anche i nuovi farmaci immunoterapici», racconta Claudio Ceper.

Oggi l’Istituto di ricerca punta a sviluppare forme innovative di medicina di precisione in grado di profilare il singolo individuo, con la possibilità di identificare i pazienti che hanno un alto rischio di fallire la chemioterapia: «Studiando il dna del tumore presente nel sangue di pazienti con linfoma, ad esempio, si possono identificare mutazioni che possono rendere il linfoma resistente ai trattamenti», spiegano da Humanitas. «Questo permetterà in futuro di riconoscere già alla diagnosi i pazienti che non otterranno benefici dal trattamento e modificare la terapia usando farmaci mirati oppure l’immunoterapia».

Elemento fondamentale del progetto supportato dai lasciti testamentari è la multidisciplinarietà, accanto alla possibilità di generare una piattaforma innovativa in grado di produrre una grande quantità di dati.

«Alla Humanitas University gli studi di medicina sono affiancati a quelli di ingegneria biomedica», aggiunge Ceper, «lo abbiamo visto al Simulation Center, dove gli studenti possono simulare l’interazione con un paziente e misurarsi con diversi scenari clinici. I professionisti possono visualizzare i risultati a vantaggio della pratica quotidiana e le aziende effettuare test di apparecchiature».

Testamento solidale. Una scelta di famiglia

Il testamento solidale è una scelta importante nella vita di una persona. Il termometro dell’atteggiamento degli italiani verso questa decisione viene dalle indagini periodiche curate da Paolo Anselmi, docente di comunicazione sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e fondatore di Walden Lab, l’istituto che periodicamente cura le indagini per il Comitato Testamento Solidale.

«La conoscenza è la premessa per fare una scelta e il dato culturale è certamente in crescita», annota. In particolare, sottolinea, «la consapevolezza di cosa sia un lascito solidale cresce con l’età e fra chi già sostiene un’organizzazione non profit. Ma è sorprendentemente diffusa anche tra i giovani». Anselmi ci restituisce una fotografia in cui «permane una fascia di popolazione che di lasciti non vuole sentir parlare, perché l’associa al fine vita», anche se «il tono positivo delle comunicazioni fatte dal non profit sul tema è stato vincente e ha inciso molto su questa percezione, spostando lo sguardo su un “dopo” in cui i nostri valori continueranno a vivere grazie al nostro lascito».

Lascito solidale? Decidiamolo insieme

In una società abituata a nascondere la morte, la pandemia ha portato tutti a fare i conti con il pensiero che “del doman non v’è certezza” e questo ha favorito atteggiamenti di solidarietà e di empatia, di apertura verso l’altro, di disponibilità a farsi carico dei bisogni dei più fragili. Da un lato, «in un tempo caratterizzato da problemi enormi, dinanzi a cui ci sentiamo impotenti, c’è un bisogno forte di efficacia personale, di sentire che in qualche modo, anche nel piccolo, abbiamo contribuito a generare un cambiamento», racconta Anselmi.

D’altra parte però, i timori per il futuro spingono a ritirarsi nel particolare, nel pensare prima di tutto ai propri figli e nipoti. E se il futuro è così incerto, è giusto privare i miei figli di una quota di risorse? «È una domanda naturale e legittima, che però ha la sua risposta in ciò che gli italiani stessi dicono», spiega il professore. «Il 66% infatti afferma che della decisione di fare testamento solidale ha parlato o parlerebbe prima in famiglia. La soluzione sta qui, nel fatto che la decisione di destinare ad una buona causa una parte dei propri averi non sia un “sorpresa” trovata nel testamento ma una scelta condivisa prima. Ogni nucleo deciderà il quanto e il come, ma a quel punto non ci sarà conflitto tra il desiderio della persona e la responsabilità verso chi resta».

Testamento solidale: siamo tutti filantropi

Sting, Bill Gates, Robin Williams, come già prima Camillo Benso conte di Cavour, che lasciò alla città di Torino un fondo per costruire un asilo pubblico o Enrico De Nicola, il primo Presidente della Repubblica italiana, che con la sua eredità permise al Monte di Pietà di Napoli di cancellare i debiti dei più poveri, quelli che nella crisi nera del dopoguerra avevano impegnato persino indumenti e biancheria.

Oppure i 25 milioni di euro a ospedali e associazioni, i sei milioni per dare una casa ai ciechi, il milione in eredità al canile. A conquistare la notorietà e i titoli dei giornali sono sempre i vip e gli importi milionari, ma nel nostro Paese, ogni giorno, tante persone comuni scelgono già ora di fare qualcosa di straordinario. Scelgono di uscire di scena spalancando una porta sul futuro. Scelgono di lasciare una traccia di sé e insieme di cambiare un pezzetto di mondo.

Fanno un testamento solidale.

Tra corna e gesti scaramantici, fino a pochi anni fa l’argomento era un tabù mentre oggi più di un italiano su cinque, fra gli over50, dice di aver già fatto un testamento solidale o di essere intenzionato a farlo: si tratta di oltre 5 milioni e mezzo di persone. Il cambiamento culturale che si sta facendo strada anche in Italia ha molto a che fare con la libertà: la libertà di destinare una parte dei propri beni per le cause in cui abbiamo creduto, di poter contribuire al bene comune, di essere utili agli altri anche quando non ci saremo più. Scrivere le ultime volontà non riguarda più solo chi non ha eredi o chi ha grandi patrimoni, perché anche il lascito più piccolo, senza nulla togliere ai figli e agli eredi, unito agli altri ha il potere di fare la differenza.

Cento miliardi per fare la differenza – Le scelte personali, infatti, si inseriscono in uno scenario su cui si riflettono i cambiamenti demografici, sociali e culturali in atto nel Paese. Il primo dato da tenere a mente è che noi italiani siamo tradizionalmente un popolo di risparmiatori: a fine 2020, secondo Banca d’Italia, la ricchezza degli italiani ammontava a circa 10.010 miliardi di euro. Entro il 2030 un quinto di tale ricchezza è destinato ad essere trasferito causa mortis: le eredità resteranno per la gran parte in famiglia, ma poiché ormai da tempo i nonni sono sempre di più e i figli e i nipoti sempre di meno, una parte di questi patrimoni non avrà eredi.

Per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno basti dire che nel 2030 si conteranno in Italia oltre 400mila famiglie senza eredi, contro le 62mila del 2020. Perché non immaginare che una quota di queste persone possa dare una destinazione solidale ai propri beni? E perché non immaginare che anche le famiglie con eredi vogliano partecipare alla costruzione di un futuro più equo, più sostenibile, più giusto?

I segnali ci sono tutti tant’è che lo scenario tratteggiato dagli esperti di Fondazione Cariplo nel Quaderno n.23 ipotizza che le famiglie con eredi possano lasciare a istituzioni di Terzo settore il 5% della quota disponibile del proprio patrimonio, mentre quelle senza eredi arriverebbero al 50%. Il valore economico dei patrimoni che tramite lasciti solidali potrebbe entrare nelle disponibilità del Terzo settore, per realizzare finalità di interesse comune, supererebbe comodamente i 100 miliardi di euro nei 15 anni compresi fra il 2014 e 2030.

50 ANNI DALLA MORTE DI PICASSO: UN’EREDITÀ CULTURALE DONATA ALL’UMANITÀ IL RICORDO DEL COMITATO TESTAMENTO SOLIDALE, CHE NEL 2023 COMPIE 10 ANNI

Il Comitato Testamento Solidale, che nel 2023 celebra il suo decennale, ricorda la figura di Pablo Picasso. L’8 aprile ricorre il cinquantesimo anniversario della morte dell’eterno padre del Cubismo, che lasciò un’eredità di oltre 40.000 opere, protagoniste di generose donazioni allo Stato francese, realizzate da Maya, la figlia prediletta, interpretando il desiderio di immortalità dell’arte paterna. Il Comitato ricorda che tutti possiamo lasciare un segno indelebile dei nostri valori nel mondo e che un lascito testamentario non è appannaggio solo di personalità note o benestanti; in risposta ad un Paese che cambia, la cultura della solidarietà si evolve e il lascito solidale è uno strumento sempre più noto e prescelto dagli italiani.

Roma, 4 aprile 2023 – “Perché in casa mia non ci sono appesi miei dipinti? È perché non posso permettermeli.” Recita così un celebre aforisma attribuito a Pablo Picasso, l’artista spagnolo maestro della pittura del Novecento. Un’affermazione che potrebbe apparire contraddittoria, se si pensa che nel 1976 venne stimato che il patrimonio totale del pittore si aggirasse attorno ai 3,75 miliardi di franchi francesi.

L’8 aprile 2023 ricorre il cinquantesimo anniversario della morte di Picasso, scomparso nel 1973 a Mougins, all’età di 91 anni, senza scrivere alcun testamento, lasciando oltre 40mila opere d’arte ancora invendute, riunibili tutte insieme “solo affittando l’intero Empire State Building”, come commentò al termine dell’inventario il fratello Claude. La morte di Picasso diede vita a lunghe pratiche per la sistemazione e suddivisione del patrimonio che negli anni fu oggetto di importanti donazioni. In particolare, spiccano i lasciti allo Stato francese promossi dalla figlia Maya Ruiz-Picasso, protagonista di diverse opere del padre («Maya à la poupée», 1938, «Maya à la poupée et au cheval», 1938, «Maya au costume de marin», 1938, «Maya au bateau», 1938, «Maya au tablier», 1938). L’ultimo lascito promosso dalla figlia del pittore, morta all’età di 87 anni lo scorso dicembre, fu la donazione al museo Picasso di Parigi di sei dipinti, un album di schizzi, una statua e un’opera etnografica. Per Maya Picasso, la promozione dell’arte del padre era una missione, per far sì che le opere del grande artista fossero un lascito a beneficio di tutta la collettività.

Il “Caso Maya” non è un episodio di generosità isolato. Sono decine gli artisti e le personalità note che, negli anni, hanno deciso di donare i loro beni per cause sociali, culturali o umanitarie. Tuttavia, la scelta di lasciare tutti o parte dei propri beni a uno o più enti benefici, impegnati in favore di chi ha più bisogno, non è appannaggio soltanto di filantropi o personalità celebri ma è sempre più diffusa anche tra i comuni cittadini. “L’anniversario della morte di Picasso ci ricorda quanto sia importante lasciare a chi resta una traccia dei propri valori, quando non ci saremo più. Non dobbiamo però credere che un lascito solidale sia appannaggio solo di persone note o particolarmente abbienti. – spiega Rossano Bartoli, Portavoce del Comitato Testamento Solidale e Presidente della Lega del Filo d’Oro – Sicuramente atti di generosità come quelli di Maya Picasso non passano inosservati e sono un dono prezioso per l’intera umanità, sono di esempio per tutti, ma non dimentichiamoci che chiunque ha la possibilità di fare un lascito in favore di una causa benefica. Quello che con il Comitato Testamento Solidale raccontiamo e spieghiamo ormai da 10 anni è proprio questo: basta anche un piccolo gesto per fare una grande differenza nella vita di tante persone e di intere comunità.”

Nel 2023 il Comitato Testamento Solidale, con la sua opera di sensibilizzazione e informazione, compie infatti i suoi primi dieci anni. Il Comitato nacque nel 2013 con lo scopo di diffondere la cultura dei lasciti solidali in Italia e offrire informazioni chiare e autorevoli a quanti decidono di intraprendere la strada della generosità post mortem, per lasciare una duratura traccia di sé e dei propri valori. E in 10 anni, l’azione del Comitato e delle Organizzazioni ha effettivamente inciso nella consapevolezza e nell’attitudine degli italiani verso il lascito solidale. Da una ricerca condotta nel 2022 da Walden Lab per il Comitato Testamento Solidale, emerge che, in Italia, sono quasi 800 mila le persone over 50 che hanno già predisposto un lascito solidale, 1 milione quelli che certamente lo farebbero e quasi 5 milioni quelli che lo considerano una possibilità concreta. In totale, 1 italiano su 4, fra gli over 50, dice di aver già fatto un testamento solidale o di essere ben disposto a farlo: si tratta di oltre 6 milioni 800 mila persone in tutto.

“Con il Comitato Testamento Solidale e le organizzazioni che ne fanno parte ci impegniamo per far sì che il lascito per sostenere una causa benefica sia sempre più conosciuto e scelto dagli italiani. –  spiega Bartoli – Quest’anno il Comitato compie dieci anni: in questo decennio abbiamo visto la cultura della solidarietà cambiare ed evolversi, in risposta ai profondi mutamenti sociali, economici e culturali del nostro Paese, accentuatisi soprattutto dopo due anni di pandemia e con lo scoppio di una guerra a noi vicina. Il lascito solidale è una realtà sempre più nota e prescelta, ma abbiamo di fronte ancora tanta strada affinché sia uno strumento sempre più diffuso e conosciuto.”

Del Comitato Testamento Solidale fanno attualmente parte 26 organizzazioni non profit: AIL, AISM, Fondazione Don Gnocchi, Fondazione Lega del Filo d’Oro, Save the Children, Aiuto alla Chiesa che Soffre Onlus, Amref, Associazione Luca Coscioni, CBM, Coopi – Cooperazione Internazionale, Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, Fondazione Humanitas per la Ricerca, Fondazione Mission Bambini, Fondazione Operation Smile Italia ETS, Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus, Fondazione Progetto Arca, Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, Fondazione Telethon, Fondazione Umberto Veronesi, Greenpeace, Istituto Pasteur Italia,  Smile House Fondazione ETS, UICI, Università Campus Bio-Medico di Roma, Unicef e Vidas.

Accedendo al sito www.testamentosolidale.org è possibile avere un’esaustiva panoramica sui progetti e le iniziative realizzate dalle associazioni non profit che aderiscono al Comitato Testamento Solidale e scaricare la Guida ai lasciti solidali che offre informazioni ampie e dettagliate sull’argomento.

Testamento solidale: tutto quello che c’è da sapere in 10 punti (parte 1)

1. Che cos’è un testamento solidale? Fare “testamento solidale” oppure un “lascito solidale” significa ricordare nel proprio testamento, in qualità di erede, una o più associazioni, organizzazioni, enti del Terzo settore, dando così la possibilità a un progetto di crescere e di svilupparsi grazie ai fondi garantiti dal proprio patrimonio. È un gesto semplice che non lede in alcun modo i diritti legittimi dei propri cari e familiari.

2. Come si fa un lascito solidale? Esistono tre modi per redigere un testamento. Il testamento olografo è un documento che mette per iscritto — obbligatoriamente a mano — le volontà testamentarie. Il testamento pubblico è un documento ufficiale redatto dal notaio in presenza di due testimoni. Infine, il testamento segreto è un documento caratterizzato dall’assoluta riservatezza del suo contenuto.

3. Chi può aiutarmi? Fare testamento può sembrare un’operazione semplice ma è consigliabile confrontarsi sempre con un notaio, anche quando si opta per un testamento olografo. Essendo la figura professionale più competente in materia testamentaria, il notaio può fornire consigli utili ed evitare di incorrere in errori: saprà suggerire le soluzioni migliori per evitare spiacevoli liti in famiglia e per facilitare all’ente beneficiario la piena disponibilità del lascito.

4. Il lascito solidale può essere modificato o revocato? Qualsiasi sia il tipo di testamento scelto, le disposizioni testamentarie possono essere revocate, modificate o aggiornate più volte e fino all’ultimo momento di vita, senza che vengano in alcun modo lesi i diritti legittimi dei propri cari e familiari. È bene ricordare che nel caso in cui non esistano parenti oltre il sesto grado, in assenza di testamento, il patrimonio verrà devoluto allo Stato.

5. Quali beni posso destinare nel lascito? Beneficiari dei lasciti solidali sono enti non profit (quindi associazioni, fondazioni, anche di intermediazione filantropica, comitati, charity trust) a cui possono essere destinati beni di diversa natura: immobili, denaro, titoli, partecipazioni societarie, opere d’arte, gioielli ecc. Alle disposizioni testamentarie può essere apposto un onere, che è un vero e proprio obbligo per l’ente beneficiario rispetto all’utilizzo dei beni lasciati. Ad esempio, si può indicare che quanto lasciato sia utilizzato per un progetto determinato. Oppure, ed è una situazione frequente, nel caso di lasciti a favore di enti che hanno per scopo la tutela degli animali si può vincolare il lascito al fatto che l’ente beneficiario si prenda cura dei cani o dei gatti del disponente, non essendo possibile per la legge italiana effettuare lasciti diretti agli animali in quanto non sono riconosciuti come soggetti di diritto. Nel lascito possono essere designati uno o più enti (a titolo di eredità o di legato) nelle stesse proporzioni o in quote diverse, o assegnando a ciascuno beni specifici. È importante che sia gli enti sia i beni siano correttamente individuati nel testamento, per evitare contestazioni. Nel caso di testamenti complessi o con molti beneficiari e beni da assegnare può essere opportuna la nomina di un esecutore testamentario, che dia attuazione alle volontà contenute nel testamento. Può essere anche importante valutare l’oggetto del lascito in considerazione delle dimensioni e della struttura organizzativa dell’ente, per facilitarne la gestione. Un altro strumento utilizzabile e che sta riscuotendo successo nell’ambito dei lasciti solidali è quello delle polizze assicurative sulla vita: anche in questo caso, infatti è possibile indicare come beneficiario non un individuo ma un ente.

 

Testamento solidale: i modelli filantropici europeo e italiano

La cultura sociale europea, in tutte le sue forme, non ha mai condiviso la visione americana che demanda al grande imprenditore privato il compito di “restituire” la propria fortuna alla collettività incentivando tale pratica attraverso politiche fiscali particolarmente generose. Ha invece fatto proprio – anche se in misura diversa a seconda delle varie stagioni politiche ed economiche – il principio della redistribuzione fiscale: è lo Stato, attraverso aliquote alte sui grandi patrimoni (anche oltre il 50%), che deve garantire in prima persona alcune prestazioni sociali di base – tutela della salute, pensione, istruzione – intese come diritti inalienabili dei cittadini. Diritti che, in quanto tali, non possono essere assicurati dall’iniziativa di charities o fondazioni private.

Ciò non vuol dire che non ci siano, anche in Europa, esempi di filantropia e/o mecenatismo privati comparabili per dimensioni con quelli di oltreoceano: si pensi ai francesi Bernard Arnault (Fondation Vuitton) e François Pinault (Bourse de Commerce, ma anche Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia). Tuttavia, avverte il finanziere e filantropo Francesco Micheli, per noi non è possibile ripetere la grandezza dei migliori modelli americani, essendo questi “nati da spazi e compiti che uno Stato più astensionista e molto poco provvidenziale, al contrario di quelli disegnati dalle (social)democrazie europee, ha lasciato a disposizione delle incursioni delle ricchezze private”.

Al tempo stesso, però, lo stesso Micheli (e con lui la moderna scienza economica e sociale) ricorda che da qualche decennio il modello europeo “non ce la fa più a sostenere un sistema di welfare e diritti che sembrava proiettato fino a coprire non solo i diritti sociali fondamentali (la pensione, la sanità, la scuola, il posto di lavoro con la cassa integrazione), ma anche i diritti culturali in senso più ampio. La stagnazione economica, la perdita di posti di lavoro e soprattutto l’inversione della piramide demografica (tanti vecchi, pochi giovani) rendono alcuni obiettivi insostenibili e impongono un maggiore impegno della società civile.

 

La filantropia italiana: familiare e vicina alle comunità locali

Nel contesto europeo la filantropia delle imprese private italiane si è caratterizzata per alcune specificità fin dal suo affacciarsi sulla scena tra seconda metà dell’Ottocento e inizio Novecento. Due le principali peculiarità:

  • ilcarattere familiare, derivante dall’impronta tipicamente familiare del capitalismo italiano, che porta diverse generazioni della stessa famiglia imprenditoriale ad occuparsi di filantropia, perlopiù attraverso Fondazioni create ad hoc e riportanti, spesso, il nome del capostipite/fondatore;
  • l’impegno a migliorare attivamente, in prima istanza, il territorio e le comunità in cui le aziende sono nate, operano e prosperano, nella convinzione che “solo crescendo tutti insieme si cresce davvero”. Questa vicinanza alla comunità locale non impedisce tuttavia ad alcune grandi Fondazioni private di occuparsi di problemi e contesti più ampi i cui orizzonti arrivano a coincidere con il benessere della popolazione mondiale (in particolare delle sue fasce più deboli/svantaggiate) e del pianeta.

Gli esempi storici di grandi filantropi italiani sono numerosissimi. E spesso, di generazione in generazione, arrivano ad oggi. Negli ultimi dieci anni il numero delle Fondazioni filantropiche è raddoppiato (ora sono 1.600), e nel solo 2016 le Fondazioni bancarie hanno erogato oltre 1 miliardo di euro (+10% rispetto ai 936,7 milioni del 2015), mentre le Fondazioni di impresa (131) hanno erogato nel 2015 circa 200 milioni. Sono inoltre cresciute le elargizioni dei High Net Worth Individuals (HNWI), coloro che in Italia detengono un patrimonio superiore al milione di euro: nel 2015 il 91% di loro ha effettuato una donazione (+11% rispetto al 2014) e il 27% ha aumentato le proprie elargizioni (+13%).

 

La filantropia moderna: al servizio delle grandi cause, efficiente, sostenibile

Qualunque sia il modello seguito, oggi la filantropia sta sempre più individuando un proprio spazio, autonomo e al tempo stesso rilevante, di co-protagonista per la soluzione dei grandi problemi che affliggono l’intera collettività. Nel contempo, anche il mondo dell’economia, dell’impresa e della produzione va sempre più comprendendo di non poter prescindere dalla volontà di contribuire a risolvere le grandi questioni che riguardano il pianeta e i suoi abitanti.

Il risultato è che la distanza tra for profit e non profit tende a ridursi progressivamente da entrambi i lati:

  1. da una parte, molte imprese cominciano a perseguire un business più in linea con i valori e le pratiche della sostenibilitàsociale e ambientale, intese non come “costo da pagare” ma come un fattore produttivo da valorizzare ai fini della reddi- tività a lungo termine dell’impresa. Una consapevolezza, questa, accentuata dalla crescente tensione “etica” manifestata anche sul versante del consumo, soprattutto fra i più giovani e i Millennials;
  2. dall’altraparte, per i teorici della filantropia moderna, questa deve sempre più avere una dimensione imprenditoriale e manageriale. Se è vero, come si è visto, che la filantropia nasce dall’“amore per l’essere umano” e dunque dalla volontà di “prendersi cura dell’altro”, questa volontà va accompagnata e seguita da un’alta dose di professionalità e di competenze specifiche, da capacità di analisi e programmazione, da un “saper fare” e, anche, un saper “far rete” che consenta di individuare i partner pubblici e privati, nazionali e internazionali, più adatti a raggiungere, insieme, lo scopo prefissato.