Lascito per l’Associazione Luca Coscioni: la generosità diventa diritto

Da sempre l’Associazione Luca Coscioni mette al centro delle sue iniziative di sensibilizzazione culturale e politica i diritti umani e le libertà personali. «Sono queste le nostre priorità, in particolare pensando alle persone con disabilità. Accanto a questi ci sono temi come l’abbattimento delle barriere architettoniche, le scelte sul fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio a livello mondiale delle leggi e delle politiche in materia di auto-determinazione»: Rocco Berardo, responsabile della raccolta fondi e lasciti solidali, sintetizza così la mission dell’Associazione.
È una missione sociale che si regge su finanziamenti, donazioni e lasciti, «ma la nostra azione ha a sua volta un lascito “immateriale” perché ha a che fare i diritti di tutti i cittadini e le cittadine, non solo delle persone con disabilità», chiosa Berardo.

Continuare a combattere con un lascito all’Associazione Luca Coscioni

Diritti che si incarnano e che cambiano le vite concrete delle persone grazie a modifiche legislative e a una coscienza civile più libera. «Per questi motivi, due persone straordinarie come Lucia e Maria Pia ci hanno lasciato una parte dei loro beni: attraverso l’Associazione Luca Coscioni volevano veder realizzati gli obiettivi e gli ideali che condividevano con noi e per cui si sono battute, in vita».
La signora Lucia con il suo lascito ha voluto garantire all’Associazione la possibilità di avere — in un momento abbastanza critico da punto di vista logistico ed economico — la sicurezza di una sede di proprietà. «Posso fare poco, ma quel poco servirà ad assicurarvi, per i prossimi anni, una sede stabile e adeguata per i “nostri” obiettivi», ha prima detto e poi scritto nel lascito.
«Maria Pia invece», prosegue Berardo, «ha conosciuto l’Associazione per la sua vicenda personale, legata alla difficoltà di avere assicurata la piena libertà di scelta nel momento del “fine vita”. Con il suo lascito ha voluto contribuire a organizzare una grande campagna per mettere in rete i volontari, in modo da raggiungere avanzamenti significativi nel campo dei diritti delle persone e nuove conquiste di libertà.
«Dai lasciti di Lucia e Maria Pia le nostre ultime campagne hanno ricevuto una grandissima spinta», racconta Berardo. «Sposare la causa morale, sociale e civica dell’Associazione Luca Coscioni con un lascito solidale ci permette di sostenere i nostri ideali e di lavorare per rendere concreta quella libertà di scelta che molte delle persone che fanno testamento per noi non hanno potuto compiere. Attraverso il loro lascito, però, questo può essere possibile per qualcun altro».

Come è cambiato il mondo negli ultimi 10 anni

Per il 43% degli italiani oggi il mondo si trova in una condizione peggiore rispetto a 10 anni fa, solo il 10% ritiene che sia migliore. Il restante 47% ritiene che sia migliorata per alcuni aspetti e peggiorata per altri.

In cima alle preoccupazioni troviamo il cambiamento climatico (86%), seguito da guerre (84%) e pandemie globali (83%). Gli italiani sono preoccupati anche dall’esaurirsi delle risorse naturali (78%) e dalla crescita delle diseguaglianze tra paesi ricchi e poveri (76%). Fa la sua comparsa anche il tema delle tecnologie: il 68% teme l’impatto della rivoluzione digitale nella vita quotidiana e il 57% la sempre più rapida innovazione tecnologica dei mezzi e degli strumenti.

Guardando all’ultimo decennio, tra gli eventi che hanno segnato questa epoca gli italiani mettono al primo posto la pandemia (94%) seguita dalla guerra in Ucraina (93%). Seguono gli attentati terroristici in Francia, Spagna e Inghilterra (78%) e, a sorpresa, la nascita di Chat GPT (77%). Vi è poi la politica internazionale: l’elezione di Trump (65%), la Brexit (64%) e l’avvento di Papa Francesco (63%). Ultimo ma ben presente, la nascita del movimento dei Friday for Future (55%).

 

Come è cambiata l’Italia negli ultimi 10 anni

Guardando al nostro paese, il 47% ritiene che nell’ultimo decennio sia peggiorato; 1 su 10 ritiene che sia invece migliorato e il 43% pensa che sia migliore per alcuni aspetti e peggiore per altri.

Migliore o peggiore, ma per quali aspetti? Tra gli ambiti che sono cresciuti in meglio, per gli italiani al primo posto si trova la ricerca medico-scientifica (35%) seguita dalla qualità della comunicazione (33%), tutela dell’ambiente (17%) e rispetto dei diritti civili (11%). Peggiorati invece, nella percezione della gente, il costo della vita (88%), le prospettive dei giovani (73%), il lavoro e l’occupazione (66%) e la sanità (61%). Secondo gli italiani, in Italia oggi c’è meno benessere economico (72%) ma anche meno fiducia nel prossimo (66%) ed equità sociale (62%).
Nel complesso, oggi gli italiani vedono intorno a sé una società più preoccupata del futuro (77%) ma anche attenta alla propria salute (48%) e all’ambiente (45%), meno soddisfatta della vita (67%), meno attenta agli altri (48%) e tollerante (46%).

Passando dalla società all’individuo, la situazione è abbastanza speculare: oggi il 70% degli italiani si sente personalmente più preoccupato del futuro rispetto a 10 anni fa, più attento all’ambiente (58%) e alla salute (56%). Il 42% si dichiara più disponibile di 10 anni fa a impegnarsi in prima persona per aiutare chi è in difficoltà (42%) e per una buona causa (40%).

 

L’impegno per una società migliore

Gli italiani promuovono inequivocabilmente il Terzo Settore: sono le organizzazioni Non profit, per il 63%, ad aver fatto di più per rendere migliore la nostra società. Seguono le PMI (47%), i cittadini come corpo civico (43%), l’Europa (37%) e poi Chiesa, Amministrazioni locali e mass media, tutti appaiati al 33%.

Cosa serve per rendere migliore la società? Per l’88% degli italiani serve il rispetto delle leggi e delle regole, seguito dall’impegno nel far bene il proprio lavoro (84%) e dall’impegno ambientale (82%), sociale (80%) e culturale (78%) intesi come forme di volontariato. Spunta qui anche il tema della donazione: serve dare sostegno a una buona causa tramite il lascito solidale (69%) o una generica donazione in denaro (66%). L’impegno politico si attesta al 56%, come forma di impegno per migliorare la società.

 

Gli italiani e le donazioni

Quasi 3 italiani su 10 (28%) ha fatto una donazione a una ONP tra gennaio e maggio del 2023, con una flessione di 10 punti rispetto al 2022 (quando probabilmente avevano inciso gli appelli di emergenza per la guerra in Ucraina) ma in linea con i dati 2020/2021. La donazione media rimane piuttosto alta (106 euro vs 118 nel 2022 e 90 nel 2021).

Tra le cause sostenute, crescono ancora la ricerca medico-scientifica (50% vs 45 del 2022 e 37 del 2021) e le emergenze umanitarie (35% vs 28 del 2022 e 15 del 2021). Nella scelta della causa/organizzazione, prevale il criterio della fiducia (53%) seguita dalla tipologia dei progetti (40%), dall’affinità della causa con la propria sensibilità (30%) e dalle garanzie sulla gestione del denaro (28%). Un interessante 17% sceglie l’organizzazione a cui donare per “tradizione familiare”, cioè in continuità con quanto fatto dai familiari più stretti.

 

Gli italiani 50+ e il testamento solidale

Rispetto allo scorso anno, sale di poco il numero di quanti hanno già fatto testamento o sono intenzionati a farlo (19% della popolazione 50+ vs 17 del 2022), cala il numero degli incerti (9% vs 12 del 2022) e sostanzialmente stabile e maggioritaria la percentuale di chi è decisamente contrario (72% vs 71 nel 2022).

Rispetto ai lasciti testamentari in favore di organizzazioni Non profit, continua ad aumentare la conoscenza: nel 2023 sa cosa siano e ne ha sentito parlare l’82% degli over 50 (vs 79% nel 2022 e 73% nel 2021). La famiglia grande protagonista della scelta: 7 italiani su 10 coinvolgerebbero i parenti più stretti nella scelta (erano il 64% nel 2022) e solo il 16% dichiara che prenderebbe questa decisione da solo. Permane però qualche pregiudizio: si ritiene che potrebbe decidere di fare un lascito chi non ha eredi diretti (51% vs 48 nel 2022) e chi ha grandi patrimoni (43%, dato stabile). Solo il 18% degli over 50 (meno di 1 su 5) pensa che il lascito solidale possa essere fatto da chiunque.

In concreto, 5.5 milioni di italiani, ovvero il 21% del campione, hanno già previsto un lascito solidale nel testamento o sono orientati a farlo, mentre aumentano gli indecisi (35% vs 27 nel 2022) e restano stabili quelli sfavorevoli (45%). Più che l’egoismo, a trattenere la generosità degli italiani è l’incertezza del futuro: il 32% teme di sottrarre risorse al futuro degli eredi e il 28% è preoccupato per la precarietà lavorativa di figli e nipoti. Ma emerge anche qui il tema della fiducia: il 36% non si fida di come sarà gestito il denaro (erano il 29% nel 2022) e il 28% non accetta di non vedere come sarà impiegato il lascito, concretamente (erano il 15% nel 2022).

Il 46% destinerebbe il suo lascito a un’unica organizzazione, con una maggiore propensione a sostenere una causa in Italia (49%), soprattutto nell’ambito della ricerca medico-scientifica (54%), dell’assistenza ai malati (35%) e alle persone povere in Italia (29%) o all’estero (27%). Seguono le emergenze umanitarie (23%), supporto alla disabilità (22%), protezione degli animali (20%) e dell’ambiente (18%).

Promosse le campagne informative e di sensibilizzazione: il 72% degli intervistati considera positive le comunicazioni viste sul tema, che migliorano la conoscenza e l’immagine del lascito solidale (69%) e aumentano la propensione a farlo (65%).

 


Indagine realizzata da Walden Lab-Eumetra per il Comitato Testamento Solidale
Rilevazione dati: 22-31 maggio 2023
Campione: 1.006 interviste
Universo:
1a parte: individui di 25+ anni (~46,5 milioni – fonte: Istat)
2a parte (testamento e lasciti): individui di 50+ anni (~26,3 milioni corrispondenti al 43,4% della popolazione – fonte: Istat)

UN DECENNIO COMPLICATO, MA È CRESCIUTA LA CONSAPEVOLEZZA SU AMBIENTE E SALUTE.

LO DICE LA RICERCA REALIZZATA PER I 10 ANNI DEL COMITATO TESTAMENTO SOLIDALE.
GLI ITALIANI RICONOSCONO IL TERZO SETTORE COME PRIMO ATTORE PER IL MIGLIORAMENTO

Roma, 12 settembre 2023 – Più di 4 italiani su 10 pensano che nell’ultimo decennio il mondo sia diventato un posto peggiore in cui vivere e lo stesso vale guardando dentro casa nostra, all’Italia. In questo scenario disincantato, il Terzo Settore è l’unico soggetto che la maggioranza degli italiani (quasi due terzi) vede concretamente impegnato nella costruzione di una società migliore. L’impegno civile (ambientale, sociale, culturale) è riconosciuto da una larghissima maggioranza come fattore decisivo nella costruzione di una società migliore, ma gli italiani pensano che per migliorare il mondo serva anche la solidarietà: dando sostegno a una buona causa tramite il lascito solidale (69%) o una generica donazione in denaro (66%). Il 21% del campione, corrispondente a 5.5 milioni di italiani (over 50), ha già previsto un lascito solidale nel suo testamento o è orientato a farlo, mentre aumentano gli indecisi (35% vs 27 nel 2022). Promossa la comunicazione: le campagne dedicate ai lasciti solidali piacciono a 7 italiani su 10.

Questo quadro emerge dall’indagine “La percezione dei cambiamenti degli ultimi 10 anni e l’orientamento verso le donazioni e i lasciti solidali” realizzata da Walden Lab-Eumetra per il Comitato Testamento Solidale su un campione rappresentativo di italiani di 25+ anni (circa 46,5 milioni, in base ai dati Istat).

 

L’EVENTO PER I DIECI ANNI DEL COMITATO TESTAMENTO SOLIDALE

I risultati della ricerca sono stati presentati oggi a Roma, presso Palazzo Merulana, nell’ambito dell’evento organizzato dal Comitato in occasione della Giornata internazionale del Lascito Solidale (13 settembre).

L’evento di quest’anno celebra anche un anniversario speciale per il Comitato, nato nel 2013 per opera di 6 Organizzazioni promotrici; negli anni l’ente è cresciuto sempre di più, coinvolgendo il mondo del Non Profit in importanti attività di studio del settore, di informazione e di sensibilizzazione, fino all’attuale assetto che conta 28 aderenti: AIL, AISM, Fondazione Don Carlo Gnocchi, Fondazione Lega del Filo d’Oro, Save the Children, Airalzh – Associazione Italiana Ricerca Alzheimer, Aiuto alla Chiesa che Soffre, Amref, Associazione Luca Coscioni, CBM Italia, Centro Benedetta d’Intino, Comitato Italiano per l’UNICEF Fondazione ETS, COOPI – Cooperazione Internazionale, Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, Fondazione Humanitas per la Ricerca, Fondazione Mission Bambini, Fondazione Operation Smile Italia ETS, Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, Fondazione Progetto Arca, Fondazione Telethon ETS, Fondazione Umberto Veronesi, Greenpeace, Istituto Pasteur Italia, Smile House Fondazione ETS, Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS-APS, Università Campus Bio-Medico, VIDAS.

All’evento di oggi, moderato dalla giornalista RAI Francesca Romana Elisei, hanno preso parte Rossano Bartoli, portavoce del Comitato e presidente della Lega del Filo d’Oro; Paolo Anselmi, fondatore e presidente di Walden Lab e docente di Marketing Sociale presso l’Università Cattolica di Milano; Flavia Fiocchi, consigliere nazionale del Notariato con delega al Notariato per il Sociale e Ines Testoni, psicoterapeuta, direttrice del Master in “Death studies & the end of life” dell’Università di Padova.

 

LA PERCEZIONE DI UN DECLINO, MA CRESCE LA CONSAPEVOLEZZA SU AMBIENTE E SALUTE

La pandemia da Covid-19 (94%) e la guerra in Ucraina (93%) sono percepiti dagli italiani come gli eventi epocali dell’ultimo decennio. Seguono gli attentati terroristici in Francia, Spagna e Inghilterra (78%), la nascita di Chat GPT (77%), l’elezione di Trump (65%), la Brexit (64%) e l’avvento di Papa Francesco (63%). Ultimo ma ben presente, la nascita del movimento dei Fridays for Future (55%).

In generale, per il 43% degli italiani oggi il mondo si trova in una condizione peggiore rispetto a 10 anni fa, solo il 10% ritiene che sia migliore. In cima alle preoccupazioni troviamo il cambiamento climatico (86%), seguito da guerre (84%) e pandemie globali (83%). Gli italiani sono preoccupati anche dall’esaurirsi delle risorse naturali (78%) e dalla crescita delle diseguaglianze tra paesi ricchi e poveri (76%). Fa la sua comparsa anche il tema delle tecnologie: il 68% teme l’impatto della rivoluzione digitale nella vita quotidiana e il 57% la sempre più rapida innovazione tecnologica dei mezzi e degli strumenti.

Guardando al nostro Paese, la percentuale di chi ritiene che nell’ultimo decennio l’Italia sia peggiorata sale al 47%; 1 su 10 ritiene che sia invece migliorata (mentre il 43% pensa che sia migliore per alcuni aspetti e peggiore per altri). Migliore o peggiore, ma per cosa? Tra gli ambiti che sono cresciuti, per gli italiani al primo posto si trova la ricerca medico-scientifica (35%) seguita da qualità della comunicazione (33%), tutela dell’ambiente (17%) e rispetto dei diritti civili (11%). Peggiorati invece, nella percezione della gente, il costo della vita (88%), le prospettive dei giovani (73%), il lavoro e l’occupazione (66%) e la sanità (61%). Secondo gli italiani, in Italia oggi c’è meno benessere economico (72%) ma anche meno fiducia nel prossimo (66%) ed equità sociale (62%). Nel complesso, oggi gli italiani vedono intorno a sé una società più preoccupata del futuro (77%) ma anche attenta alla propria salute (48%) e all’ambiente (45%), meno soddisfatta della vita (67%), meno attenta agli altri (48%) e meno tollerante (46%).

Passando dalla società all’individuo, la situazione è abbastanza speculare: oggi il 70% degli italiani si sente personalmente più preoccupato del futuro rispetto a 10 anni fa, più attento all’ambiente (58%) e alla salute (56%). Il 42% si dichiara più disponibile di 10 anni fa a impegnarsi in prima persona per aiutare chi è in difficoltà (42%) e per una buona causa (40%).

 

IL RICONOSCIMENTO DEL TERZO SETTORE COME MOTORE PER UNA SOCIETÀ MIGLIORE

Gli italiani promuovono inequivocabilmente il Terzo Settore: sono le organizzazioni Non Profit, per il 63%, ad aver fatto di più per rendere migliore la nostra società. Seguono le PMI (47%), i cittadini come corpo civico (43%), l’Europa (37%) e poi Chiesa, Amministrazioni locali e mass media, tutti appaiati al 33%.

Cosa serve per rendere migliore la società? Per l’88% degli italiani serve il rispetto delle leggi e delle regole, seguito dall’impegno nel far bene il proprio lavoro (84%) e dall’impegno ambientale (82%), sociale (80%) e culturale (78%) intesi come forme di volontariato. Spunta qui anche il tema della donazione: serve dare sostegno a una buona causa tramite il lascito solidale (69%) o una generica donazione in denaro (66%). L’impegno politico si attesta al 56%, come forma di impegno per migliorare la società.

Quasi 3 italiani su 10 (28%) ha fatto una donazione a una ONP tra gennaio e maggio del 2023, con una flessione di 10 punti rispetto al 2022 (quando probabilmente avevano inciso gli appelli di emergenza per la guerra in Ucraina) ma in linea con i dati 2020/2021. La donazione media rimane piuttosto alta (106 euro vs 118 nel 2022 e 90 nel 2021).

 

TESTAMENTO SOLIDALE: SEMPRE PIÙ UNA QUESTIONE “DI FAMIGLIA”

Il 21% del campione degli over 50, ovvero 5,5 milioni di italiani, hanno già previsto un lascito solidale o sono orientati a farlo, mentre aumentano gli indecisi (35% vs 27 nel 2022) e restano stabili quelli sfavorevoli (45%). La famiglia è la grande protagonista della scelta: 7 italiani su 10 coinvolgerebbero i parenti più stretti nella scelta (erano il 64% nel 2022) e solo il 16% dichiara che prenderebbe questa decisione da solo. Anche tra chi non pensa di fare un lascito solidale, più che l’egoismo, il deterrente è l’incertezza del futuro: il 32% teme di sottrarre risorse al futuro degli eredi e il 28% è preoccupato per la precarietà lavorativa di figli e nipoti.

In Italia a fare testamento, rispetto ad altri Paesi del mondo, è una percentuale più ristretta di persone. In particolare, solo una minoranza, 5 milioni e mezzo di persone, dichiara di aver previsto un lascito solidale nel proprio testamento o di essere orientato a farlo – dichiara Rossano Bartoli, portavoce del Comitato Testamento Solidale e presidente della Lega del Filo d’Oro – Eppure qualcosa si muove, stiamo assistendo ad un vero e proprio cambiamento culturale e possiamo dire che la generosità degli italiani non si è fermata neanche davanti agli eventi di questi ultimi 10 anni, nel corso dei quali il Comitato ha accompagnato l’opinione pubblica in un percorso di conoscenza e consapevolezza sullo strumento del lascito solidale, di cui oggi vediamo i frutti. Le campagne che abbiamo promosso hanno dissodato un terreno che sembrava inizialmente più ‘refrattario’, questo possiamo dircelo con soddisfazione guardando al decennio passato. Quanto al futuro, siamo consapevoli che ancora c’è del lavoro da fare, per superare qualche pregiudizio e diffondere sempre di più la cultura della solidarietà e del lascito”.

In effetti i dati parlano di un aumento della consapevolezza sul lascito: nel 2023 sa cosa siano e ne ha sentito parlare l’82% degli over 50 (vs 79% nel 2022 e 73% nel 2021). Promosse le campagne informative e di sensibilizzazione: il 72% degli intervistati considera positive le comunicazioni viste sul tema, che migliorano la conoscenza e l’immagine del lascito solidale (69%) e aumentano la propensione a farlo (65%). Come ricorda Bartoli, c’è ancora da lavorare, però, in questo senso, dal momento che permane qualche pregiudizio da sfatare: si ritiene che potrebbe decidere di fare un lascito chi non ha eredi diretti (51% vs 48 nel 2022) e chi ha grandi patrimoni (43%, dato stabile). Solo il 18% degli over 50 (meno di 1 su 5) pensa che il lascito solidale possa essere fatto da chiunque.

Come ricorda Flavia Fiocchi, consigliere nazionale del Notariato con delega al Notariato per il sociale, “il lascito solidale è uno strumento alla portata di tutti grazie al quale è possibile lasciare una traccia di sé nel futuro, sostenendo i progetti in cui si crede e che definiscono la propria identità. Nel nostro ordinamento, che più di quello anglosassone ha a cuore la tutela dei diritti della famiglia, garantiti dalla legittima, è possibile destinare infatti, attraverso il testamento, una parte, piccola o grande che sia, della quota disponibile del patrimonio a progetti di solidarietà sociale. È un gesto semplice e non vincolante, che può essere ripensato, modificato in qualsiasi momento, senza che vengano in alcun modo lesi i diritti legittimi dei propri cari e familiari. Farlo è semplice e sicuro, ed il notaio è disponibile in ogni momento per orientare il cittadino verso la scelta più consapevole”.

Ufficio stampa Comitato Testamento Solidale c/o Istituto Nazionale per la Comunicazione
Virginia Matteucci,  E-mail v.matteucci@inc-comunicazione.it
Valeria Sabato, E-mail v.sabato@inc-comunicazione.it

Fare la differenza – 10 anni del comitato Testamento Solidale

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2013-2023: come sono cambiati l’Italia e gli italiani negli ultimi dieci anni?

In occasione della Giornata Internazionale del Lascito Solidale, il Comitato Testamento Solidale, che nel 2023 compie dieci anni, fa il punto sulla percezione dei grandi cambiamenti dell’ultimo decennio nella sensibilità degli Italiani e sull’evoluzione della solidarietà a partire dai risultati della nuova ricerca Walden Lab-Eumetra.

Intervengono:

Rosano Bartoli, portavoce del Comitato e presidente della Lega del Filo d’Oro.
Paolo Anselmi, fondatore e presidente di Walden Lab e docente di Marketing Sociale presso l’Università Cattolica di Milano.
Flavia Fiocchi, consigliere nazionale del Notariato con delega al Notariato per il Sociale.
Ines Testoni, psicoterapeuta, direttrice del Master in “Death studies & the end of life” dell’Università di Padova.

Modera:

Francesca Romana Elisei, giornalista Rai.

 

evento "Fare la differenza", i 10 anni del comitato Testamento Solidale

12 settembre 2023 ore 10.30

Palazzo Merulana – Via Merulana 121, Roma (maps)

Prenota
scrivendo a testamentosolidale@inc-comunicazione.it
o chiamando il numero 335 544 5420

 

Il lascito solidale e il suo significato più profondo

Il lascito solidale ha un significato che va ben oltre il semplice atto di carità verso il prossimo. Può essere strumento straordinario di tessitura del legame sociale. Ce lo testimonia chi ci ha messo la firma, ma lo confermano anche le proiezioni di crescita del numero di persone che si dicono intenzionate a farlo nel prossimo futuro. La strada è quella giusta. Non ci si salva da soli.

 

Cosa vuol dire fare lascito testamentario per una onlus

Il testamento solidale ha un significato che ha a che fare con la solidarietà, ma anche con la fraternità. Perché non si tratta solo di contribuire al benessere di chi è meno fortunato o di chi si trova in una situazione di fragilità e bisogno. Nel gesto di redigere un testamento solidale, oltre a un sentimento di giustizia sociale, si concretizza il desiderio di ognuno di noi di esprimere erga omnes il nostro piano di vita, la nostra singolarità, il nostro carisma, la nostra capacità di contribuire al bene comune non solo nel corso della vita, ma anche oltre.

In questo senso l’atto del lascito solidale diventa pop e acquista una universalità che merita di essere divulgata e diffusa. Raccontata ed emulata. «L’atto del donare genera sicurezza. Quella sicurezza sociale, sollecitudine mutualistica e cooperativa che il diritto inglese fregia del nome di friendly society e che vale molto di più della sicurezza personale», scrive l’antropologo francese Marcel Mauss nel suo Saggio sul dono. E aggiunge: «Occorre tornare a qualcosa di arcaico, ritrovare la gioia di dare in pubblico, il piacere del mecenatismo e dell’ospitalità».

 

Un lascito solidale per andare oltre

Il lascito solidale non solo travalica la logica individualistica del testamento, ma anche quella classista. Quando diciamo che “siamo tutti filantropi”, ribadiamo che questo è uno strumento alla portata di ognuno, a prescindere dal conto in banca o dallo stato patrimoniale. Perché di tutti può essere il desiderio di lasciare qualcosa di sé, oltre che alla famiglia e alla discendenza, anche alla comunità proprio per partecipare alla costruzione della friendly society a cui ci esorta Mauss.

Ben inteso: dare alla comunità, non significa togliere alla sfera parentale più ristretta. Tutt’altro. Significa aiutare a creare un contesto migliore dove possano vivere i nostri figli e nipoti e via dicendo. Lo spiegano bene le preziose e commoventi testimonianze di tante persone che hanno accettato di raccontare la propria esperienza e le proprie motivazioni. Fare un lascito solidale vuol dire dare un valore ulteriore e immateriale ai propri beni.

Lasciti testamentari: un gesto per una grande innovazione

«La medicina del futuro è basata sulla personalizzazione e la diagnosi precoce. Questo si traduce in un significativo aumento delle guarigioni nei pazienti con linfoma, come si è osservato nell’ultimo decennio», questo è ciò che ha spiegato il professor Carmelo Carlo-Stella, capo Sezione Linfomi dell’Istituto Clinico Humanitas a Claudio Ceper, presidente della Fondazione Carlo Ceper per la lotta contro il linfosarcoma.

«La creazione della Fondazione dedicata a Carlo è coincisa con il lascito testamentario a Humanitas che abbiamo fatto 10 anni fa, quando nostra madre Elena, incontrando il professor Alberto Mantovani, presidente di Fondazione Humanitas per la Ricerca e direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas, gli ha affidato la donazione di 150mila euro affinché il loro Centro di ricerca lavorasse per rendere diagnosticabili e curabili tumori come il linfosarcoma che ha portato via mio fratello».

Un decennio dopo è tempo di bilanci e di una visita in loco: «Il professor Carlo-Stella ci ha illustrato come le donazioni della nostra Fondazione si siano trasformate in progetti che possono salvare vite. Ad esempio, sul linfoma di Hodgkin classico, che colpisce per la maggior parte persone di giovane età, l’approccio terapeutico consente la guarigione nell’80-90% dei casi, utilizzando anche i nuovi farmaci immunoterapici», racconta Claudio Ceper.

Oggi l’Istituto di ricerca punta a sviluppare forme innovative di medicina di precisione in grado di profilare il singolo individuo, con la possibilità di identificare i pazienti che hanno un alto rischio di fallire la chemioterapia: «Studiando il dna del tumore presente nel sangue di pazienti con linfoma, ad esempio, si possono identificare mutazioni che possono rendere il linfoma resistente ai trattamenti», spiegano da Humanitas. «Questo permetterà in futuro di riconoscere già alla diagnosi i pazienti che non otterranno benefici dal trattamento e modificare la terapia usando farmaci mirati oppure l’immunoterapia».

Elemento fondamentale del progetto supportato dai lasciti testamentari è la multidisciplinarietà, accanto alla possibilità di generare una piattaforma innovativa in grado di produrre una grande quantità di dati.

«Alla Humanitas University gli studi di medicina sono affiancati a quelli di ingegneria biomedica», aggiunge Ceper, «lo abbiamo visto al Simulation Center, dove gli studenti possono simulare l’interazione con un paziente e misurarsi con diversi scenari clinici. I professionisti possono visualizzare i risultati a vantaggio della pratica quotidiana e le aziende effettuare test di apparecchiature».

Testamento solidale. Una scelta di famiglia

Il testamento solidale è una scelta importante nella vita di una persona. Il termometro dell’atteggiamento degli italiani verso questa decisione viene dalle indagini periodiche curate da Paolo Anselmi, docente di comunicazione sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e fondatore di Walden Lab, l’istituto che periodicamente cura le indagini per il Comitato Testamento Solidale.

«La conoscenza è la premessa per fare una scelta e il dato culturale è certamente in crescita», annota. In particolare, sottolinea, «la consapevolezza di cosa sia un lascito solidale cresce con l’età e fra chi già sostiene un’organizzazione non profit. Ma è sorprendentemente diffusa anche tra i giovani». Anselmi ci restituisce una fotografia in cui «permane una fascia di popolazione che di lasciti non vuole sentir parlare, perché l’associa al fine vita», anche se «il tono positivo delle comunicazioni fatte dal non profit sul tema è stato vincente e ha inciso molto su questa percezione, spostando lo sguardo su un “dopo” in cui i nostri valori continueranno a vivere grazie al nostro lascito».

Lascito solidale? Decidiamolo insieme

In una società abituata a nascondere la morte, la pandemia ha portato tutti a fare i conti con il pensiero che “del doman non v’è certezza” e questo ha favorito atteggiamenti di solidarietà e di empatia, di apertura verso l’altro, di disponibilità a farsi carico dei bisogni dei più fragili. Da un lato, «in un tempo caratterizzato da problemi enormi, dinanzi a cui ci sentiamo impotenti, c’è un bisogno forte di efficacia personale, di sentire che in qualche modo, anche nel piccolo, abbiamo contribuito a generare un cambiamento», racconta Anselmi.

D’altra parte però, i timori per il futuro spingono a ritirarsi nel particolare, nel pensare prima di tutto ai propri figli e nipoti. E se il futuro è così incerto, è giusto privare i miei figli di una quota di risorse? «È una domanda naturale e legittima, che però ha la sua risposta in ciò che gli italiani stessi dicono», spiega il professore. «Il 66% infatti afferma che della decisione di fare testamento solidale ha parlato o parlerebbe prima in famiglia. La soluzione sta qui, nel fatto che la decisione di destinare ad una buona causa una parte dei propri averi non sia un “sorpresa” trovata nel testamento ma una scelta condivisa prima. Ogni nucleo deciderà il quanto e il come, ma a quel punto non ci sarà conflitto tra il desiderio della persona e la responsabilità verso chi resta».

Testamento solidale: siamo tutti filantropi

Sting, Bill Gates, Robin Williams, come già prima Camillo Benso conte di Cavour, che lasciò alla città di Torino un fondo per costruire un asilo pubblico o Enrico De Nicola, il primo Presidente della Repubblica italiana, che con la sua eredità permise al Monte di Pietà di Napoli di cancellare i debiti dei più poveri, quelli che nella crisi nera del dopoguerra avevano impegnato persino indumenti e biancheria.

Oppure i 25 milioni di euro a ospedali e associazioni, i sei milioni per dare una casa ai ciechi, il milione in eredità al canile. A conquistare la notorietà e i titoli dei giornali sono sempre i vip e gli importi milionari, ma nel nostro Paese, ogni giorno, tante persone comuni scelgono già ora di fare qualcosa di straordinario. Scelgono di uscire di scena spalancando una porta sul futuro. Scelgono di lasciare una traccia di sé e insieme di cambiare un pezzetto di mondo.

Fanno un testamento solidale.

Tra corna e gesti scaramantici, fino a pochi anni fa l’argomento era un tabù mentre oggi più di un italiano su cinque, fra gli over50, dice di aver già fatto un testamento solidale o di essere intenzionato a farlo: si tratta di oltre 5 milioni e mezzo di persone. Il cambiamento culturale che si sta facendo strada anche in Italia ha molto a che fare con la libertà: la libertà di destinare una parte dei propri beni per le cause in cui abbiamo creduto, di poter contribuire al bene comune, di essere utili agli altri anche quando non ci saremo più. Scrivere le ultime volontà non riguarda più solo chi non ha eredi o chi ha grandi patrimoni, perché anche il lascito più piccolo, senza nulla togliere ai figli e agli eredi, unito agli altri ha il potere di fare la differenza.

Cento miliardi per fare la differenza – Le scelte personali, infatti, si inseriscono in uno scenario su cui si riflettono i cambiamenti demografici, sociali e culturali in atto nel Paese. Il primo dato da tenere a mente è che noi italiani siamo tradizionalmente un popolo di risparmiatori: a fine 2020, secondo Banca d’Italia, la ricchezza degli italiani ammontava a circa 10.010 miliardi di euro. Entro il 2030 un quinto di tale ricchezza è destinato ad essere trasferito causa mortis: le eredità resteranno per la gran parte in famiglia, ma poiché ormai da tempo i nonni sono sempre di più e i figli e i nipoti sempre di meno, una parte di questi patrimoni non avrà eredi.

Per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno basti dire che nel 2030 si conteranno in Italia oltre 400mila famiglie senza eredi, contro le 62mila del 2020. Perché non immaginare che una quota di queste persone possa dare una destinazione solidale ai propri beni? E perché non immaginare che anche le famiglie con eredi vogliano partecipare alla costruzione di un futuro più equo, più sostenibile, più giusto?

I segnali ci sono tutti tant’è che lo scenario tratteggiato dagli esperti di Fondazione Cariplo nel Quaderno n.23 ipotizza che le famiglie con eredi possano lasciare a istituzioni di Terzo settore il 5% della quota disponibile del proprio patrimonio, mentre quelle senza eredi arriverebbero al 50%. Il valore economico dei patrimoni che tramite lasciti solidali potrebbe entrare nelle disponibilità del Terzo settore, per realizzare finalità di interesse comune, supererebbe comodamente i 100 miliardi di euro nei 15 anni compresi fra il 2014 e 2030.